· · Strumentazioni e Tecnologie Biomediche · Terapia Medico-Nucleare · · ASPETTI FISICI DELLE TERAPIE BNCT E GdNCT · Domenico Bufalino - Nicola Cerullo - Guglielmo
Lomonaco · · INTRODUZIONE · BORON Neutron Capture Therapy · utilizzo
del gadolinio nella NCT · localizzazione
del gadolinio nelle cellule tumorali
· due
punti di vista sullo studio della GdNCT · Bibliografia · ·
·
· INTRODUZIONE
Nel 1936, solo quattro anni dopo la scoperta del
neutrone da parte di J. Chadwick, fu G. L. Locher a ipotizzare per la prima volta la
possibilità di poter eseguire una terapia per cattura neutronica. Citiamo le
sue parole: “In particolare
esistono le possibilità di introdurre piccole quantità di forti assorbitori
neutronici in regioni dove si desidera liberare energia di ionizzazione (un
semplice esempio potrebbe essere costituito dall’iniettare un composto
solubile e non tossico di boro, litio, gadolinio od oro all’interno di un
cancro superficiale, seguito da bombardamento con neutroni termici)”. Il metodo si basa sulla reazione che avviene quando un isotopo stabile di una sostanza assorbitrice di neutroni presente nelle cellule tumorali viene irradiata con neutroni termici: come effetto di questa reazione si ha l'emissione di radiazioni di vario tipo a seconda dell'atomo di partenza. Tra le sostanze che potevano essere utilizzate lo
stesso Locher prese in considerazione anche il Gadolinio (Gd), che presenta
la più elevata sezione d’urto per cattura dei neutroni termici tra gli
isotopi non radioattivi. La Tabella 1 elenca i nuclidi che possono essere
presi in considerazione per la Terapia per Cattura Neutronica, avvero Neutron
Capture Therapy (NCT), in quanto caratterizzati da elevati valori della
sezione d'urto di cattura per neutroni termici.
Tabella 1 (Il simbolo * indica i nuclidi radioattivi) Nella pratica tuttavia non fu possibile all’epoca effettuare ricerche su questo tipo di terapia e bisognò attendere il 1951 quando W. H. Sweet suggerì la possibilità di utilizzare la NCT per la cura di tumori cerebrali, ed in particolare per la cura di un tumore particolarmente maligno e difficile da curare quale il Glioblastoma Multiforme (GBM). Boron Neutron Capture Therapy
Tra i molti nuclidi che presentano notevole sezione
d’urto la scelta iniziale (da parte di Sweet) è caduta proprio sul B10
che, irradiato con neutroni termici, da luogo ad una reazione di cattura ed
il nucleo composto B11 così formatosi, subisce immediatamente una
vera e propria “fissione”, spezzandosi in una particella alfa e uno ione
litio (Li7) ad alta energia. Inoltre poiché questo isotopo
presenta una serie di caratteristiche utili: - è un isotopo non radioattivo e facilmente
disponibile; - la chimica del boro è abbastanza ben conosciuta e ciò
permette di incorporare specie al boro in innumerevoli tipologie di composti
e già il gruppo di ricerca di Sweet dimostrò che certi composti del boro
andavano selettivamente a concentrarsi nei tessuti malati; - le particelle emesse presentano un Linear Energy Tranfer (LET) particolarmente alto; - i prodotti di fissione vengono assorbiti in una raggio medio di 5÷9 μm, tale valore è inferiore rispetto al diametro medio delle cellule tumorali. Nonostante le sezioni d’urto degli elementi normalmente
presenti nei tessuti siano di ordini di grandezza inferiori rispetto a quelli
del B10, due di questi, idrogeno ed azoto, sono presenti in
concentrazioni tali da contribuire comunque all’assorbimento totale dei
neutroni. Questo impone che la concentrazione di boro nelle cellule tumorali
sia la più alta possibile. BNCT è quindi l'acronimo correntemente usato per
indicare la Boron Neutron Capture Therapy, un particolare trattamento
terapeutico contro alcune forme di insorgenza tumorale. Sperimentata
inizialmente in Giappone e negli Stati Uniti, essa ha trovato recentemente
applicazione anche in Europa, sia presso il centro EU-JRC in Olanda, sia in
Finlandia ed in Svezia nel trattamento di due forme estremamente letali di
cancro al cervello: l'astrocitoma anaplastico ed il GBM, che uccide negli USA
circa 6000 persone ogni anno. Il
funzionamento generale della BNCT è riportato in Figura 1.
Figura 1 Stroricamente iniziarono due progetti di ricerca
finalizzati alla messa a punto di un metodo BNCT che furono rispettivamente
avviati presso il Brookhaven National Laboratory (BNL), nel biennio
1951÷1952, e presso il Massachessetts Institute of Technology, nel biennio
1961÷1962. Entrambi questi progetti non diedero risultati positivi. Le
motivazioni del fallimento furono chiare solo in seguito: - I neutroni termici, infatti, sono attenuati
rapidamente dai tessuti e quindi la tecnica è adatta solo quando il tumore
non è ad una profondità superiore a 3÷4 cm, questo ha come conseguenza che
solo tumori superficiali possono essere curati con BNCT - Il composto di boro utilizzato non riusciva a venire
sufficientemente concentrato nel tessuto tumorale; infatti aspetto
fondamentale di questa cura è la necessità che, all’interno delle cellule
tumorali, venga ad esserci una concentrazione di boro molto più alta rispetto
a quella presente nei tessuti non malati I primi risultati incoraggianti vennero a partire dal
1986 da uno studio condotto in Giappone da Hatanka sulla cura del GBM, e da
Mishima in relazione alla cura del melanoma. In particolare la terapia, proposta da Hatanaka,
consiste, in generale, in questa procedura: - Un composto chimico che trasporta il boro nelle
cellule del cervello è iniettato nel paziente; differenti tipi di composto
sono stati utilizzati finora, ma i più diffusi sono il BSH (borocaptate
sodium) e il BPA (p-boronophenylalanine). - Un flusso neutronico di appropriate caratteristiche
(fluenza e spettro) è inviato sul cervello del paziente, tenendo conto del
fatto che non è possibile mantenere il composto di boro nel cervello (e non
nel sangue) in opportune concentrazioni per molto tempo; è stato dimostrato
che è possibile ottenere una ripartizione (rapporto fra la concentrazione nel
tumore e nel sangue) di circa 3:1 - Durante l'irraggiamento, i nuclei dell'atomo di B10
soggetti all'interazione con un neutrone termico subiscono il fenomeno di
fissione nucleare; il processo termina con l'emissione di due frammenti: una
particella α e un nucleo di Li7; nel 94% delle reazioni sono
presenti anche dei raggi γ. Tuttavia la quasi totalità dei pazienti che hanno
ottenuto un beneficio da questa terapia si riaggrava dopo un tempo più o meno
lungo. Questa situazione è dovuta al fatto che in alcune cellule tumorali
(quiescent cells) non si verifica l’“uptake”
del boro e d’altra parte il rilascio dei prodotti della reazione del boro e
quindi l’assorbimento della radiazione (dose) avviene solo nelle cellule dove
esso è presente. Attualmente la quasi totalità degli approcci clinici è
basata sul B10 (BNCT) e principalmente focalizzata sul GBM. Lo
schema generale di trattamento
clinico, nel caso in cui la sorgente di neutroni sia un acceleratore, è
riportato in Figura 2.
Figura 2 utilizzo del gadolinio nella NCT
Oltre al boro fu proposto nel 1956 anche il Li6,
sempre da Sweet, e più recentemente
l’U235 (Da Shih e Brugger nel 1992). Tuttavia tali proposte
non hanno avuto sviluppi ulteriori. Nonostante sia il più efficace assorbitore di neutroni
esistente a causa della sua sezione d’urto che è la più elevata esistente, il
Gd157, già proposto da Locher, per lungo tempo non è stato preso
in considerazione in quanto i gamma originati dalla reazione (n,γ) non
sono ad alto LET come lo sono invece i frammenti della fissione del boro.
Nella fig. 3 è illustrato l’andamento della sezione d’urto per la reazione Gd157(n,γ)
al variare dell’energia dei neutroni incidenti.
Figura 3 Le reazioni di assorbimento neutronico nel gadolinio
producono uno spettro abbastanza vasto di raggi gamma di elevata energia,
raggi X e, cosa inizialmente sottovalutata, elettroni di conversione ed
Auger. I valori di Q per queste
reazioni vanno da 5.6 MeV a 8.6 MeV, a seconda dell’isotopo considerato. La
maggior quantità di energia è da attribuirsi ai raggi gamma che ha i maggiori
cammini liberi medi. Una quantità di energia molto piccola (dell’ordine delle
decine di keV) è da attribuirsi agli elettroni Auger. La reazione del Gd157
quando viene bombardato da neutroni termici è:
Quando avviene questa reazione il Gd158*
eccitato nel 69% dei casi produce elettroni di conversione interna (compresi
nel range energetico tra 79 keV e 6.9 MeV) i quali lasciano delle vacanze
negli orbitali elettronici le quali a loro volta si diseccitano emettendo
raggi X o elettroni Auger. La Tabella 2 presenta un confronto tra i valori di
emissione (yield) per gli elettroni
calcolati da vari autori
Tabella 2 Come già detto, inizialmente l’impiego di gadolinio
nella NCT fu accantonato. Tuttavia nel 1988 Martin ed altri hanno suggerito
di guardare ad un altro aspetto della reazione di cattura neutronica da parte
del Gd157, e cioè alla produzione di elettroni Auger conseguenti
alla conversione interna, dotati di range di assorbimento ancora più piccoli,
addirittura a livello molecolare. Questo suggerimento ha spalancato nuove
prospettive sull’uso del gadolinio nella NCT. Gli elettroni Auger indotti dai
gamma possono incrementare l’RBE effettivo e sostanzialmente migliorare il
suo effetto terapeutico totale. Gli studi di Martin indicano che gli ioni di
Gd+++ si legano al DNA e in seguito a irraggiamento neutronico
sono state osservate delle doppie rotture in miscele di plasmid DNA e in GdCl3.
Un più elevato livello di DSB (double-strand
breaks) fu ottenuto con un arricchimento del 79.9% di Gd157
piuttosto che con il Gd naturale. Questo effetto è stato attribuito alle
interazioni degli elettroni Auger con il DNA. Ciò indica che l’RBE della
GdNCT potrebbe essere maggiore di 1 se ioni di Gd157 potessero
essere distribuiti omogeneamente nel tumore. Poiché, come si è detto, il
range degli elettroni Auger (caratterizzati da elevato LET) è a livello
molecolare; per essere efficace il gadolinio si deve localizzare proprio
nella molecola bersaglio, cioè nel DNA. Il nuovo approccio alla NCT
sfruttante il Gd è già citato da Allen (che aveva collaborato con
Martin) nel 1989 tra le ricerche sulla
NCT condotte in Australia. Sulla base degli studi di Martin, nel 1992 Shih e
Brugger dell’Università di Missouri (gli stessi che nello stesso anno avevano
anche esaminato la possibilità di usare l'U235) hanno studiato
anche il Gd e sono arrivati alla conclusione di proporlo espressamente come
agente per la NCT. Questa nuova tecnica (GdNCT) è stata subito oggetto di
altri studi. I calcoli Montecarlo eseguiti da Shih e Brugger hanno
fornito indicazioni che con 250 ppm di Gd157 nel tumore la NCT può
rilasciare 2000 cGy ad un tumore con diametro di 2 cm e maggiore se
sottoposto ad una fluenza di neutroni termici di 5·1012 n/cm2.
Shih e Brugger hanno anche dato qualche suggerimento su quali sostanze
potrebbero essere impiegate, ed hanno proposto l’impiego di agenti di
contrasto per la MRI (come il Gd-DTPA) per raggiungere elevate concentrazioni
di gadolinio nel tumore. Hanno infine verificato questi calcoli eseguendo
misure di dose su fantocci utilizzando films e TLD. Gli stessi Shih e
Brugger, sempre nel 1992, hanno anche proposto di combinare la Gd-NCT alla
brachiterapia, concetto che è stato ripreso da altri qualche anno dopo, ma
sul quale le ricerche sono comunque state scarse. Anche il problema della tossicità del gadolinio (lo
ione Gd+++ è tossico di per se stesso) può essere minimizzato, infatti
la sua utilità nella MRI per via delle sue caratteristiche paramagnetiche ha
stimolato la ricerca di composti (come il complesso Gd-DTPA) che sono stabili
nel flusso sanguigno e non tossici (questi composti vengono di fatto
utilizzati nella MRI come mezzi di contrasto). Il trucco consiste
nell’utilizzare sostanze chelanti che tendono a legarsi in modo abbastanza
stabile con il gadolinio, raggiungono un elevato uptake nei tessuti tumorali e vengono rapidamente eliminate
dall’organismo prima che il gadolinio stesso possa dissociarsi dai composti.
L’impiego delle stesse sostanze utilizzate come mezzi di contrasto nella MRI
ha fatto pensare anche alla possibilità di utilizzare la stessa risonanza
magnetica per la predisposizione dei treatment
planning su pazienti da sottoporre a GdNCT. Questi farmaci tuttavia non presentano una sensibile
differenza di distribuzione (uptake)
tra i tumori ed i tessuti sani: anche se il valore di 3, ipotizzato dagli
studiosi, per il rapporto tra le relative concentrazioni si ritiene
sufficiente per un effetto terapeutico sarebbe auspicabile un rapporto ancora
maggiore. Ricerche su composti alternativi, finalizzati
espressamente alla GdNCT sono in corso in tutto il mondo ed in particolare in
Giappone. In Figura 4 è illustrato il principio della penetrazione delle
nanoparticelle studiate in Giappone dai capillari al tumore. Infatti si è
dimostrato che le pareti dei capillari confinanti con la zona tumorale
presentano la possibilità (già vista nel caso della barriera ematoencefalica)
di consentire il passaggio alle impurezze, in particolare le nuove
nanoparticelle. Esse sono invece impermeabili nei confronti del tessuto sano. Figura 4 localizzazione del gadolinio nelle
cellule tumorali
Dal 2000, per dimostrare l'efficacia della NCT
utilizzando come molecola bersaglio il gadolinio (Gd) sono stati fatti studi
“in vitro”, cioè in coltura di cellule tumorali (ad esempio di glioblastoma
umano) con sostanze contenenti gadolinio (ad esempio acido gadopentetico) e
alcuni ricercatori dell’Istituto di Neurobiologia del CNR, del gruppo che fa
capo alla ricercatrice G. De Stasio, hanno trovato che le cellule tumorali
effettivamente internalizzano tale elemento, il gadolinio si localizza
all'interno della cellula ed, in particolare, nel nucleo cellulare. Esponendo
le cellule ad un flusso di neutroni termici, si ottiene una significativa ed
immediata morte cellulare. La determinazione della distribuzione del
gadolinio è stata effettuata utilizzando lo spettromicroscopio SPHINX presso
il Wisconsin Syncrotron Radiation Centre. Nella Figura 5 è mostrata la mappa
della distribuzione del gadolinio nelle cellule tumorali dopo averle trattate
con Gd-DOTA. La scala dei colori indica la quantità di Gd presente.
Figura 5 Analoghe mappe sono state ottenute dopo aver trattato
le cellule tumorali con MGd (motexafin gadolinium) e HM-Gd-DOTA. Sono stati
inoltre determinati gli andamenti della concentrazione nel nucleo e nel
citoplasma delle cellule tumorali. La Tabella 3 si riferisce al caso del
Gd-DTPA; in tale tabella è riportato il rapporto tra la concentrazione media
di Gd nel nucleo e nel citoplasma per ogni tempo di esposizione a Gd-DTPA. Sulla base del principio che deve essere effettuato il targeting del nucleo delle cellule
tumorali, sono in corso studi per progettare farmaci appositi, denominati DNA-seeking complexes. Il farmaco più interessante, sempre in seguito agli
studi con spettromicroscopio SPHINX sembra attualmente il motexafin
gadolinium (MGd), nome commerciale XCYTRIN®.
Tabella 3 A seguito delle ricerche condotte, De Stasio e gli
altri del suo gruppo hanno provveduto nel 2004 a far brevettare l’utilizzo
della GdNCT per trattare il cancro (U.S. Patent. 6770020 B2). due punti di vista sullo studio della GdNCT Come già detto lo spettro delle particelle secondarie
emesse dal Gd (fotoni gamma ed elettroni) è piuttosto complesso e, tra
l’altro, la presenza dei raggi gamma determina un rilascio di dose anche ai
tessuti sani. Questo rilascio è tanto più significativo quanto maggiori sono
le dimensioni della zona dove è presente il gadolinio. Nel caso di tumori di piccoli dimensioni e di una buona
selettività della molecola dna seeking nei
confronti del tumore la regione di emissione dei gamma è piccola ed oltre
all’attenuazione dovuta ai tessuti stessi si deve considerare che il flusso
gamma diminuisce comunque in ragione inversa al quadrato della distanza dal
tumore. Tuttavia questa situazione, auspicabile, non si potrà ottenere senza
l’approfondimento di studi farmacologici su nuove molecole. Comunque sono presenti gli elettroni Auger emessi dopo
la cattura dei neutroni da parte del gadolinio, i quali sono caratterizzati
da un corto range che porta un
contributo molto elevato alla dose rilasciata a livello locale. Inoltre la
presenza dei gamma, comunque maggiore all’interno dei tessuti tumorali
rispetto ai tessuti sani, consente di raggiungere anche le cellule nelle
quali non c’è stato l’uptake del
farmaco, cosa che nel caso della BNCT determina la sopravvivenza di cellule
tumorali (denominate appunto not
uptaking cells) e conseguente riaggravamento del paziente dopo un periodo
di miglioramento. La complessità dei fenomeni in gioco impongono di
affrontare lo studio della GdNCT da due punti di vista: · microdosimetrico, finalizzato alla determinazione della
dose ai tessuti tumorali, che prende in considerazione particolarmente gli
elettroni di conversione ed Auger (determinazione esatta della quantità e
dello spettro di emissione per ogni cattura e studio del trasporto degli
stessi a livello cellulare e subcellulare); · macrodosimetrico, finalizzato alla determinazione della
dose ai tessuti sani e a tutto il corpo del paziente, che prende in
considerazione tutte le altre componenti ed in particolare i gamma. Attualmente presso il DIMNP dell’Università di Pisa,
sotto la guida del Prof. Nicola Cerullo, nel quadro degli studi sulla NCT è
iniziata una attività di ricerca sulla GdNCT che si è estrinsecata con lo
svolgimento di una tesi di laurea. Sull’argomento è stato iniziato dall'ing. Domenico
Bufalino nel 2004 un dottorato di ricerca avente lo scopo di analizzare il
problema da un punto di vista più generale per esaminare le possibilità
offerte dalla ricerca al momento attuale. In particolare verrà affrontato,
attraverso una simulazione numerica di tipo Monte Carlo, il rapporto tra la
dose al tessuto sano dovuta essenzialmente ai fotoni (gamma ed X) e quella al
tessuto malato, dovuta invece principalmente agli elettroni. Bibliografia
-
Bufalino D., L’uso del
gadolinio nella NCT, Università di Pisa, Dipartimento
di Ingegneria Meccanica, Nucleare e della Produzione (DIMNP), tema di ricerca,
Dottorato di ricerca in sicurezza nucleare e industriale (XIX ciclo), tutori: Prof. Nicola Cerullo, Prof. Giorgio
Curzio - De Stasio G.,
Casalbore P., Pallini R., Gilbert B., Sanità F., Ciotti M.T., Rosi G.,
Festinesi A., Larocca L.M., Rinelli A., Perret D., Mogk D.W., Perfetti P.,
Mehta M.P. and
Mercanti D., Gadolinium in Human
Glioblastoma Cells for Gadolinium Neutron Capture Therapy, in Cancer Research 61, 4272-4277,
May 15, 2001, © 2001 American Association for Cancer Research - De Stasio G.,
Gilbert B., Frazer B. H., Mercanti, D., Casalbore P., Mogk D. W., Larolla L.
M., Rinelli S., Pallini R., Microlocalization of Gd in Cell Nuclei: Key
for the Success of Brain Cancer Therapy, 8th International
Conference on Electronic Spectroscopy and Structure, August 8-12, 2000, Clark
Kerr Campus, University of California, Berkeley, California, USA - special
issue of the Journal of Electron Spectroscopy and Related Phenomena. They
appeared in volumes 114-116, issues 1-3, dated March 2001, - Green S., Developments
in accelerator based Boron Neutron Capture Therapy, in Radiat. Phys. Chem., 51, (1998), pp.
561-569 - Liu H. B.,
Brugger R. M., Shih J. L. A., Neutron
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Phys. 19(1992), 705-708. - Locher G. L., Biological Effects and therapeutic
possibilities of neutrons, in American
Journal of Roentgenology, 36, 1-13 (1936) - Martin R. F.,
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1992, p.357-360. - Martin, R. F.,
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