· · Strumentazioni e Tecnologie Biomediche · Terapia Medico-Nucleare · · STORIA DELLA TERAPIA MEDICO-NUCLEARE (SECONDA PARTE) · Sergio Modoni Nicoletta Urbano · · nascita
della Terapia Medico-Nucleare · scoperta
della radioattività artificiale · La
scoperta del tecnezio · La
scoperta dello Iodio-131
· La
Terapia Medico-Nucleare sino ai nostri giorni · · ·
·
· NASCITA
DELLA TERAPIA MEDICO-NUCLEARE Tra i vari radioisotopi prodotti vi fu il 32Fosforo
(32P). John H. Lawrence, fratello di Ernest (entrambi ritratti in
Figura 1), lo impiegò per trattare un paziente di 29 anni affetto da leucemia
mieloide cronica [Lawrence JH. Nuclear physics and therapy.
Preliminary report on a new method for the treatment of leukemia and
polycythemia vera. Radiology,
1940, 35: 51].
Figura 1 Nel novembre 1938 somministrò al paziente 2.98 mCi di 32P.
Nel febbraio 1939 gli somministrò una seconda dose della stessa attività e
nel giugno del 1939 una terza dose di 4.85 mCi. Nel 1940 il paziente era
asintomatico e del tutto normale all’esame fisico. Oggi, a giusta ragione, John H. Lawrence è considerato
il Padre della Terapia Medico-Nucleare. scoperta
della radioattività artificiale E’ il pomeriggio del 31 Dicembre 1933. Irene Curie,
figlia di Marie, che della madre ha seguito le orme, e suo marito Frederick Joliot
(Figura 2), stanno uscendo dal loro laboratorio per andare a casa a
festeggiare il Capodanno, quando vengono precipitosamente richiamati da un
loro assistente che ha notato la presenza di radioattività di provenienza
incerta.
Figura 2
Figura 3 Vediamo come loro stessi descrivono la scoperta della
radioattività artificiale [Curie I, Joliot F,
Artificial production of a new kind of radioelement. Nature 133: 201, 1934]. “…quando una lamina di alluminio viene irradiata da una
preparazione di polonio, l’emissione di positroni non cessa immediatamente
con la rimozione del preparato attivo. La lamina rimane radioattiva e
l’emissione decade esponenzialmente… Noi abbiamo proposto per i nuovi radioelementi …il nome
radioazoto, radiosilicone, e radiofosforo. Questi ed altri elementi possono
essere formati bombardando con altre particelle: protoni, deuteroni,
neutroni…”. E proprio i neutroni sono alla base di una storia tutta
italiana, che fece conoscere a tutto il mondo il valore della nostra fisica.
E’ la storia di Enrico Fermi (Figura 3) e del Gruppo di via Panisperna, che
sotto la guida illuminata di Orso Mario Corbino, comprese Franco Rasetti,
Emilio Segrè, Ettore Maiorana, Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo e Gian Carlo
Wick. E’ la storia della scoperta, intuitiva ma ragionata,
dei neutroni lenti, che portò ad un passo dalla scoperta della fissione
nucleare poi dimostrata da Lise Meitner, Otto Hahn e Fritz Strassmann. E’ la
storia di un progresso usato per il bene ma anche in danno dell’Umanità. Di
questa storia tuttavia ci interessa tuttavia un’appendice importante per la
Medicina Nucleare, che possiamo collocare come origine nel 1925, e che vede
Emilio Segrè, uno dei principali collaboratori di Enrico Fermi, al centro di
queste vicende. La scoperta
del tecnezio Prima di tale data tutti gli elementi stabili presenti
in natura erano stati scoperti. Gli elementi con numero atomico 43, 61, 85
ed 87 erano “missing” poiché erano solo radioattivi. In quell’anno due chimici tedeschi, Ida Tacke e Walter
Noddack, riportarono la scoperta, in alcuni minerali, dell’elemento 43, che
chiamarono Masurio e, due anni dopo, dell’elemento 75, che chiamarono
Renio, in onore dei confini orientali (i laghi Masuri) ed occidentali (il
Reno) della Germania. Queste denominazioni non erano prive di un certi
spirito nazionalistico poiché in queste regioni le truppe tedesche, durante
la prima guerra mondiale, avevano ottenuto importanti vittorie. Tuttavia non
fecero alcuna menzione che l’elemento 43 sia radioattivo. Mentre la scoperta del renio fu confermata e ne furono
preparate quantità significative, il masurio rimase ignorato per diversi anni
e gli stessi coniugi Noddack-Tacke, specialmente perché non erano stati
capaci di documentare la loro scoperta, rimasero ignorati dalla fisica
ufficiale anche quando fornirono, probabilmente per primi, una spiegazione
scientifica della fissione nucleare, nel 1938. Così quando nel 1937 Emilio
Segrè (Figura 4) a Roma stava lavorando sull’elemento 43, come ricorda egli
stesso, non trovò il masurio.
Figura 4 “Io ebbi spesso l’incarico di procurare le cose necessarie
per i lavori. Per fortuna non c’era burocrazia. …Per le sostanze chimiche mi
rivolsi al signor Troccoli, un vecchio negoziante competentissimo in materia,
che era fiero di avere una ricca collezione di sostanze anche rare. Egli
aveva studiato in seminario e si divertiva a parlare in latino, offrendomi
ogni tanto, gratis et amore dei, qualche prodotto che aveva tenuto nei suoi
scaffali per anni senza smerciarlo. Il valentuomo mi
aiutò in tutti i modi possibili, specialmente dopo che gli ebbi spiegato cosa
stavamo facendo. Solo quando nella mia ignoranza gli chiesi un campione di
masurio, mi disse che lui quell’elemento non l’aveva mai visto, numquam vidi.
Qualche anno dopo dovevo sapere quanto aveva ragione: il masurio non esiste.” [Emilio Segrè. Autobiografia di un
fisico. Ed. Il Mulino]. Benché scettico su questa scoperta, volle tuttavia
evitare uno scontro, anche a causa della situazione politica in Europa. Egli
narra così la vicenda nella sua autobiografia americana: “Era il 1938. C’erano due chimici tedeschi che
asserivano la loro ‘scoperta’. Chi ero io, un fisico italiano in Sicilia
[nel periodo 1936-38 Segrè diresse l’Istituto di Fisica a Palermo, n.d.r.] per
contraddirli? Sarei stato un pazzo a farlo! Io non volli entrare nella
disputa relativa a questa scoperta, che il tempo avrebbe provato essere
erronea”. Nel corso di uno dei suoi frequenti viaggi a Berkeley
[siamo nel 1936], dove lavorava Ernest Lawrence, si imbattè in deflettori del
ciclotrone da 27”, fatti di molibdeno, che erano stati smontati per essere
sostituiti. Dennis Patton, storico della Society of Nuclear Medicine,
racconta così questa storia: “Essi [i deflettori] erano intensamente radioattivi.
Segrè si chiese se l’irradiazione con particelle positive del molibdeno,
elemento 42, potesse aver prodotto un po’ dell’elemento 43. Chiese pertanto a
Lawrence di poter avere questi pezzi di molibdeno e questi, ben contento di
sbarazzarsi di questi rifiuti radioattivi in modo così semplice, glieli
diede, e Segrè li portò a Palermo nella sua valigia” (!!!).[Patton DD. How technetium was
discovered in a pile of junk. J.Nucl.Med. 39: 26N, 1998]. Tornato a Palermo, Segrè si mette al lavoro insieme con
Carlo Perrier, Professore di Mineralogia, “…era una simpatica persona, un
vero gentiluomo piemontese, devoto a Giolitti ed antifascista. Aveva una
ventina d’anni più di me, era scapolo, e conosceva bene la mineralogia
classica e la chimica analitica.” [E. Segrè, op.cit.] Insieme, separarono chimicamente l’elemento 43 dal
molibdeno, ne determinarono le proprietà fisiche e chimiche e ne pubblicarono
i risultati nel 1937. “Con questo lavoro avevamo scoperto il primo
elemento creato dall’uomo. Perrier ed io decidemmo per allora di non dargli
alcun nome. Non erano mancati suggerimenti di nome che celebrassero il
fascismo o la Sicilia, come Trinacrio; tutte cose che non ci garbavano. …Dopo la guerra, quando i reattori nucleari fornirono
quantità macroscopiche di 43, ebbi la soddisfazione di constatare che non
avevamo fatto sbagli e che anzi avevamo trovato le cose più importanti. Solo
allora demmo il nome di tecnezio, derivato dall’aggettivo greco tecnhtos, che significa artificiale, al nuovo elemento,
per commemorare il fatto che fu il primo elemento artificiale.”. Intanto, siamo nei primi mesi del 1938, e
l’antisemitismo aleggia sull’Europa. Segrè, che è di origine ebrea, continua i suoi viaggi a
Berkeley e durante uno di questi …ma sentiamolo con le sue parole: “Sbarcai a New York il 13 luglio 1938
coll’intenzione di tornare in Italia in autunno per il nuovo anno scolastico.
Invece quando tornai in Italia per la prima volta erano passati nove anni da
quando ne ero stato cacciato… …Alla Stazione di Chicago [sulla strada per Berkeley] comprai il
giornale dove lessi una breve ma agghiacciante notizia sul Manifesto della
razza…”. A quel punto Segrè decide di restare negli Stati Uniti
e, tra le proposte che gli arrivano dalla Columbus University di New York e
l’Università di Berkeley in California, sceglie quest’ultima. “Molto presto dopo l’arrivo a Berkeley incontrai al
Faculty Club dell’Università, dove per solito si faceva colazione, Glenn T.
Seaborg…Era appena laureato. …si interessava a tutto ciò che succedeva
intorno a lui e sapeva tenere gli orecchi e gli occhi aperti. La prima ricerca che intrapresi, entro pochi giorni
dall’arrivo, e insieme a Seaborg, fu volta a trovare isotopi a vita breve del
tecnezio. Era la continuazione naturale del lavoro di Palermo, la ragione per
cui ero venuto a Berkeley e un problema per cui ero completamente preparato.
La nuova radioattività, ottenuta da bombardamento di molibdeno con deutoni,
presentò subito un fenomeno inaspettato e interessante; si trattava infatti
di un caso di isomerismo nucleare, ossia di un nucleo che possedeva stati
eccitati di vita lunga. Non potevamo sognarci che quell’isomero sarebbe poi
diventato uno strumento diagnostico di primaria importanza per la medicina.
Infatti, per varie circostanze fortunate la sostanza è adattissima a molte
indagini cliniche e oggi le sue applicazioni impegnano centinaia di medici e
un’industria di molti milioni di dollari. …Io e Seaborg scrivemmo allora una lettera alla
‘Physical Review’ in proposito, ma pochi giorni dopo scoprimmo che Lawrence,
senza dirci nulla, l’aveva fermata con un telegramma al direttore della
rivista; ciò per consiglio di Oppenheimer che gli aveva detto – chissà perché
– che il lavoro era sbagliato. Mi risentii nei limiti consentiti dalla mia
posizione e la lettera, con ritardo, fu pubblicata.” L’utilizzazione del Tecnezio portò nuovamente Segrè
alla ribalta, soprattutto nei congressi di Medicina Nucleare. Rimane nella
memoria di tutti noi la sua lezione inaugurale del Congresso Italiano di
Medicina Nucleare del 1987, tenutosi non a caso a Palermo, la città della
scoperta. Egli stesso cita una di queste occasioni nella sua autobiografia: “La scoperta del Tc99 mi ha portato una certa
notorietà tra gli specialisti di medicina nucleare, e non a torto, poiché
quell’isotopo li nutre. Pertanto sono stato invitato diverse volte a parlare
a riunioni di medici nucleari e sono socio onorario di un paio di loro
associazioni professionali: la Society of Nuclear Medicine e l’American
College of Nuclear Physicians. Questi ultimi avevano, alla fine di gennaio
del 1982, una riunione a Tucson, in Arizona, e mi invitarono a farci un
discorso. Accettai di buon grado e ci andai con Rosa. Ci divertimmo e potemmo
confrontare, senza invidia, il lussuoso modo di vivere dei medici, paragonato
al nostro.” La scoperta
dello Iodio-131 Intanto Segrè ci ha introdotti alla conoscenza di
Glenn Theodore Seaborg. Glenn Seaborg
lavorava a Berkeley con Ernest Lawrence e, mediante l’impiego del
ciclotrone, sintetizzò numerosi
isotopi radioattivi, molti dei quali sono usati oggi per scopi medici. Una di
queste scoperte ha contribuito decisamente alla notevole espansione delle
sorti della medicina nucleare conferendole un ruolo che dopo più di
sessant’anni rimane centrale nella cura delle malattie della tiroide: il 131Iodio.
Ma per parlare dello Iodio dobbiamo necessariamente fare un salto indietro e
tornare in Italia. Nel Maggio 1934 Enrico Fermi, all’Università di Roma,
irradiando alcuni elementi con neutroni lenti, riportò 14 nuovi elementi
radioattivi. L’11° isotopo di questa lista aveva “iodine-intense
effect, period about 30 minutes.” [Fermi E. Radioactivity
induced by neutron bombardment. Nature 133: 757, 1934]. Si trattava del 128I,
che effettivamente aveva un’emivita di 25 minuti. Ci spostiamo ora di nuovo negli Stati Uniti, alla Harvard Medical School. E’ il 12 Novembre 1936 e Karl Compton, Presidente del M.I.T.[Massachussets Institute of Technology] e fratello di Arthur Holly Compton, altra figura di spicco della fisica [sua è la descrizione dell’effetto Compton], sta tenendo una conferenza dal titolo:
“What Physics can
do for Biology and Medicine”. Tra
l’uditorio sono presenti James Howard Means, importante endocrinologo del
tempo e Robley Evans, fisico del M.I.T., famoso per aver studiato gli effetti
del radio sul corpo umano, anche nella vicenda Byers, ed averne stabilito la
dose tossica.
Figura 5 Figura 6 Al termine della conferenza, Means chiede: “Esiste un isotopo
radioattivo dello iodio?”. Evans si ricorda, in una sorta di flash back della
memoria, quelle sette parole di Fermi e così, nei giorni successivi, inizia a
lavorare con il 128I, insieme con Saul Hertz ed Arthur Roberts.
Essi somministrarono
questo isotopo ai conigli e videro che si localizzava precocemente nella
tiroide in quantità 80 volte superiore a quella che ci si poteva aspettare
con la semplice diffusione. In conigli resi ipertiroidei con TSH, la
captazione era notevolmente più elevata, mentre in quelli sottoposti a dieta
con cavoli, che contengono sostanze gozzigene, era ridotta. Erano questi i
primissimi studi sulla capacità della tiroide di captare anioni inorganici
come lo iodio e l’ulteriore conferma dell’importanza della scoperta di de Hevesy.
Negli anni successivi [1938-40], fu costruito al M.I.T.
il primo ciclotrone per scopi medici e biologici. Esso fu utilizzato per
produrre 130I, che aveva un’emivita di 12.5 ore, e che conteneva
un 10% di 131I come contaminante. Con il 130I, Hertz e
Roberts, nel marzo 1941, utilizzarono per la prima volta lo iodio radioattivo
a scopo terapeutico [Hertz S., Roberts A. Radioactive iodine in the study of
thyroid physiology. VII. The use of radioactive
iodine therapy in hyperthyroidism. JAMA 131: 81-6, 1946]. Il 128I venne utilizzato anche a Berkeley da
Joseph G. Hamilton (Figura 6), uno dei primi pionieri della medicina
nucleare. La breve emivita dell’isotopo tuttavia non consentiva di effettuare
studi accurati del metabolismo della tiroide, che è più lungo dell’emivita
fisica del 128I, e questo era un limite importante. Un bel giorno, su un pianerottolo della leComte Hall
[la facoltà di Fisica di Berkeley] si incrociano Hamilton e Seaborg.
L’incontro ce lo facciamo raccontare da quest’ultimo. “La scoperta dello Iodio-131 mi ha dato una
soddisfazione speciale. Nel 1938 il Dr. Joseph Hamilton mi parlò delle
limitazioni nei suoi studi sul metabolismo tiroideo imposte dalla breve
emivita del tracciante iodato radioattivo che era disponibile. Egli lavorava
con il 128I, che ha un’emivita di soli 25 minuti.
Quando egli si informò sulla possibilità di scoprire un altro isotopo dello
iodio con un’emivita più lunga, io gli chiesi che valore [di emivita] sarebbe
stato ottimale per il suo lavoro. Ed egli rispose ‘Oh, circa una settimana’.
Subito dopo questo incontro, Jack Livingood ed io (Figura 7)
sintetizzammo ed identificammo il 131I, con un’emivita
fortunatamente lunga, otto giorni.” [The Life of Glenn
T. Seaborg, a 1982 Autobiography: http://seaborg.nmu.edu/gts/auto.html]. Seaborg sperimentò personalmente l’efficacia del 131I,
come lui stesso racconta: ”Lo iodio-131 salvò la vita di mia madre. Ella
aveva una condizione di ipertiroidismo marcato che fu diagnosticata e
trattata con lo iodio 131, così come Gorge Bush (Figura 8) e Barbara
Bush che, come sapete, soffrivano di malattia di Graves.” [Glenn Seaborg, An
early history of LBNL: www.itg.lbl.gov/Seaborg.talks/65th-anniv/start.html].
Figura 7 Figura 8 Figura 9 Figura 10 Si era in un’epoca nella quale, con i ciclotroni, si
bersagliava di tutto per produrre nuovi radioisotopi. Seaborg la descrive
così: “Noi abbiamo creato isotopi che non esistevano il giorno prima, il
cui impiego deve ancora essere scoperto“.
La scoperta del 131I perciò merita maggiore
considerazione perché questo radioisotopo fu prodotto dietro una specifica
richiesta. Certamente non fu conseguenza della fortuna ma di uno
studio e di una preparazione dell’esperimento molto accurati. E che non vi
fosse molto tempo da dedicare alle parole ce lo conferma lo stesso Seaborg: “…nella scoperta dello iodio, la lettera all’editor
fu di 217 parole [Livingood JJ, Seaborg GT. Radioactive iodine isotopes.
Phys.Rev. 53: 775, 1938] e per la scoperta del tecnezio 99m fu di 237
parole. Non potevamo sprecare parole in quei giorni.” Così, nel 1939, Hamilton e Mayo Soley potettero
pubblicare il primo lavoro scientifico sull’impiego diagnostico del 131I
[Hamilton JG, Soley MH. Studies in iodine metabolism by
the use of a new radioactive isotope of iodine. Am.J.Physiol. 127: 557-72, 1939]. Il 12
ottobre 1941, Hamilton e John Lawrence utilizzarono il radioiodio, nella
forma prevalente di 131I, nella cura dell’ipertiroidismo. Nei
primi tre pazienti ipertiroidei trattati fu osservata una significativa
riduzione del metabolismo basale, che era l’unico modo di studiare all’epoca
la funzione tiroidea, non esistendo ancora i dosaggi ormonali [Hamilton JG,
Lawrence JH. Recent clinical developments in the therapeutic
application of radio-phosphorus and radio-iodine. J.Clin.Invest. 21: 624, 1942]. Il 130I
tuttavia venne ancora impiegato per qualche tempo anche per il trattamento
dei tumori tiroidei. Nel 1941,
presso la Columbia University di New York, Albert Keston [tra l’altro inventore delle strisce per la
determinazione rapida della glicemia e scopritore, con Allen Reid nel 1946,
del 125I] e Virginia Kneeland Frantz [prima donna a presiedere
l’American Thyroid Society] utilizzarono il 130I nei tumori
tiroidei. Essi osservarono una captazione del 6% nella tiroide ed addirittura
30% in una metastasi femorale [Keston AS, Ball RP, Frantz VK. Storage of
radioactive iodine in a metastasis from thyroid carcinoma. Science 95: 362-2, 1942].
Il 7 Dicembre 1946, Samuel M. Seidlin, Leo D. Marinelli e Eleanor Oshry documentano la completa scomparsa delle
metastasi in un paziente con tumore tiroideo, trattato con 130I
dopo tiroidectomia. [Seidlin S. Radioactive iodine
therapy. Effect on functioning metastases of adenocarcinoma of the thyroid. JAMA. 132:838–47, 1946]. Tra l’altro, Seidlin fu tra i
primi a comprendere che, per una cura efficace con il radioiodio, occorreva
effettuare preventivamente la tiroidectomia totale. Sicuramente, a causa delle modalità della sua produzione e della sua utilità, nel momento in cui fu ampiamente disponibile, il 131I contribuì ad aprire anche a scopi civili le conoscenze che il Manhattan Project aveva realizzato per scopi puramente militari. Così, nel Giugno 1946 il Presidente Truman, nell’ambito dell’Atomic Energy Act, dispose che il Reattore di Oak Ridge producesse 131I anche per scopi medici, fuori dal Manhattan Project. Il 131I puro fu prodotto due anni più tardi, come sottoprodotto del processo di fissione.L’Atomic Energy Act fu promulgato il 1 agosto 1946. Esso trasformava il Manhattan Project [la cui denominazione ufficiale in realtà era Manhattan Engineering District, n.d.r.] nell’Atomic Energy Commission, A.E.C.. Il giorno seguente fu effettuata la prima spedizione di materiale radioattivo per scopi medici: si trattava di Carbonio-14 (nella Figura 9, il momento della consegna all’arrivo) [Patton DD. The First Commercial Radioisotope Shipment. J.Nucl.Med. 43: 30N, 2002]. Questi successi fecero affermare ai commissari
dell’A.E.C. che le scoperte della fisica dovevano servire “a costruire
bombe nel più stretto riserbo, ma a fornire radioisotopi per la cura del
cancro con la maggior pubblicità possibile”. Per ottimizzare l’impiego del radioisotopo, che era
ancora particolarmente costoso, Emil Baumann, chimico al Montefiore Hospital,
recuperò il radioiodio dalle urine dei pazienti per poterlo riutilizzare. Come narrano David
Becker e Clark Sawin [Becker DV, Sawin CT, Radioiodine and Thyroid disease:
the beginning. Sem.Nucl.Med.
26: 155-64, 1996] “…ad una giovane volontaria fu assegnato il compito di
purificare le urine. Il suo nome era Rosalyn Sussman, che poi sposò Aaron
Yalow, un fisico. Quando ricevette il Premio Nobel nel 1977 per i suoi lavori
sui dosaggi radioimmunologici la Yalow ricordò che questa era stata la sua
prima esperienza con il radioiodio.”. Questi successi nella terapia del cancro furono
amplificati dalla stampa che così scriveva: “la cura del cancro trovata negli
infuocati canyon della morte ad Oak Ridge” [Brucer M. Nuclear medicine begins with a boa
constrictor. J Nucl Med.19: 581-98, 1978]. Ovviamente impressionarono molto l’opinione pubblica ed il movimento di opinione che si venne a creare aumentò le pressioni sull’A.E.C. per una maggiore liberalizzazione nella distribuzione dei radioisotopi per uso medico. La consacrazione ufficiale del 131Iodio avviene nel 1951: la FDA approva il 131I-ioduro di sodio per l’uso nelle malattie tiroidee. E’ il primo radiofarmaco approvato dalla FDA negli Stati Uniti. Ma, intanto, altri radioisotopi venivano sperimentati a
scopo terapeutico. Nel 1937, sempre Hamilton esegue su se stesso il primo
studio di fisiologia sulla dinamica del trasporto di sodio nel corpo, bevendo
il 24Sodio, prodotto da Lawrence bombardando il salgemma con
deuteroni (Figura 10). [LBNL Image Library --
Collection Berkeley: http://imglib.lbl.gov/ImgLib/COLLECTIONS/BERKELEY-LAB/PEOPLE/INDIVIDUALS/index/96602535.html]. Successivamente insieme con Robert Spencer Stone,
ritenendo che il sodio potesse sostituire il radio per la cura delle
malattie, lo somministrano ad pazienti con leucemia, pazienti con altre
malattie e soggetti normali per acquisire risposte comparative e determinarne
sia l’efficacia che la tossicità. [William Moss and Roger
Eckhardt. The Human Plutonium Injection Experiments, pag. 7: http://www.fas.org/sgp/othergov/doe/lanl/pubs/00326640.pdf]. La Terapia
Medico-Nucleare sino ai nostri giorni Un altro radioisotopo impiegato in quegli anni è il 89Stronzio
(89Sr), che si comporta, dal punto di vista metabolico, come il
calcio. Nel 1941, Charles Pecher dimostra, con metodica autoradiografica, la
concentrazione del 32P e del 89Sr nell’osso normale.
L’anno seguente impiega specificatamente il 89Sr, alla dose di 8
mCi, in parecchi pazienti per il trattamento delle metastasi ossee da
carcinoma prostatico, osservando eccellenti risultati. Lo stesso anno, però,
viene richiamato alle armi ed inviato in Belgio, dove muore suicida ed il suo
lavoro rimane dimenticato sino al 1976 quando viene ripreso da Firusian che
propone il 89Sr per la terapia del dolore secondario a metastasi
ossee. Nel 1993 la FDA approva il 89Sr per l’impiego clinico alla
dose di 4 mCi [Suresh C. Srivastava Bone-seeking Therapeutic
Radiopharmaceuticals: vedasi anche: http://www.gwu.edu/~nsarchiv/radiation/dir/mstreet/commeet/meet4/brief4.gfr/tab_p/br4p1a.txt].
La radiosinoviectomia trae le sue origini nel 1952,
quando Fellinger e Schmid riportano l’impiego del 198Au-colloidale
nell’artrite reumatoide
[Fellinger K, Schmid J: Die locale Behandlung der rheumatischen Erkrankungen.
Wien Z Inn Med 33: 351-63, 1952]. I loro risultati non furono incoraggianti, forse per il
basso dosaggio impiegato. Circa dieci anni dopo Ansell, [Ansell B., Early studies of 198-Au in the
treatment of synovitis of the knee, Ann.Rheum.Dis. 32: 1-2, 1973], aumentando il dosaggio di 198Au
colloidale, riporta risultati migliori. Da allora numerosi radioisotopi (90Y,
32P, 186Re, 165Dy, 166Ho, 169Er)
sono stati impiegati, con rilevanti risultati clinici. Intanto, parallelamente allo sviluppo delle conoscenze
nel campo dell’immunologia, nel 1973 David Goldenberg dimostra che anticorpi radiomarcati
rivolti contro un antigene di tumori umani (CEA) possono visualizzare tumori
umani negli animali [Goldenberg DM, Preston DF, Primus FJ, Hansen HJ. Photoscan
localization of GW-39 tumors in hamsters using radiolabeled
anticarcinoembryonic antigen immunoglobulin G. Cancer Res. 34:1-9,
1974]. E’ un passo importante che sarà seguito, cinque anni
dopo, dal primo esempio concreto di utilizzazione della specificità delle
reazioni immunologiche nella diagnostica scintigrafica nell’uomo. E’ lo
stesso Goldenberg ad utilizzare, questa volta nell’uomo, anticorpi
radiomarcati per visualizzare tumori [Goldenberg DM, DeLand F, Kim E, Bennett
S, Primus FJ, van Nagell JR Jr, Estes N, DeSimone P, Rayburn P. Use of radiolabeled antibodies to
carcinoembryonic antigen for the detection and localization of diverse
cancers by external photoscanning. N.Engl.J.Med. 298: 1384-6, 1978]. Le prime immagini non sono ottimali. Lo stesso
Goldenberg afferma che: “…le scintigrafie ordinarie sono state difficili
da interpretare a causa dell’attività di fondo causata dal blood pool. La
concentrazione nel tumore è stato possibile dimostrarla solo dopo 48 ore
dalla somministrazione”. Un deciso passo avanti viene compiuto dopo le scoperte
di Kohler (Figura 11) e Milstein (Figura 12) (Premio Nobel 1984) sugli
ibridomi e la produzione di anticorpi monoclonali. Jean Pierre Mach,
all’Università di Losanna, nel 1981, utilizza anticorpi monoclonali anti-CEA
radiomarcati per visualizzare tumori umani [Mach JP, Buchegger F, Forni M,
Ritschard J, Carrel S, Egley R, Donath A, Rohner A. Immunoscintigraphy for the detection of
human carcinoma after injection of radiolabeled monoclonal
anti-carcinoembryonic antigen antibodies. Curr Top Microbiol Immunol. 104: 49-55,
1983].
Figura 11 Figura 12 Dalle applicazioni diagnostiche a quelle terapeutiche il
passo è breve, così che l’anno successivo Steve Larson e Jeff Carrasquillo
pubblicano risultati su pazienti con melanoma trattati impiegando anticorpi
monoclonali marcati con 131I [Larson SM, Carrasquillo JA, Krohn
KA, McGuffin RW, Williams DL, Hellstrom I, Lyster D. Diagnostic imaging of malignant melanoma
with radiolabeled antitumor antibodies. JAMA. 249: 811-2, 1983]. Il 131I viene impiegato anche per marcare
altre molecole, come la Meta-Iodo-Benzil-Guanidina (MIBG), un analogo della
norepinefrina, presente nelle cellule che hanno origine dalla cresta neurale.
Nel 1981, Sisson utilizza questo radiocomposto, in otto pazienti, per
evidenziare la presenza di feocromocitoma. Successivamente saranno studiati
anche altri tumori di origine neuroendocrina [Sisson JC, Frager MS, Valk TW,
Gross MD, Swanson DP, Wieland DM, Tobes MC, Beierwaltes WH, Thompson NW. Scintigraphic localization of pheochromocytoma. N Engl J Med.
305: 12-7, 1981]. Due anni dopo, Sisson e Shapiro, impiegano la MIBG a scopo terapeutico per
trattare cinque pazienti con feocromocitoma maligno, con dosi da 99 a 197
mCi. Due pazienti mostrano una significativa risposta al trattamento. Come
affermano nel loro lavoro “…la MIBG è il primo radiofarmaco sintetizzato
chimicamente, con una struttura molecolare complessa, che consente di curare
il cancro” [Sisson J, Shapiro B, Beierwaltes WH, Nakajo M, Glowniak J,
Mangner T, Carey JE, Swanson DP, Copp J, Satterlee W, et al. Treatment of
malignant pheochromocytoma with a new radiopharmaceutical. Trans Assoc Am
Physicians.96: 209-17, 1983]. Mentre negli Stati Uniti la MIBG conosce un’ampia
diffusione, in Europa si va sviluppando un tracciante alternativo per I
tumori neuroendocrini. Nel 1990, Steve Lamberts e Eric Krenning, a Rotterdam,
impiegano un nuovo radiofarmaco, il Tyr-3-Octreotide, un analogo sintetico
della somatostatina, marcato inizialmente con 123I e due anni dopo
con 111Indio, per evidenziare i recettori della somatostatina in
alcuni tumori endocrini [Krenning EP, Bakker WH, Breeman WA, Koper JW, Kooij
PP, Ausema L, Lameris JS, Reubi JC, Lamberts SW. Localisation of
endocrine-related tumours with radioiodinated analogue of somatostatin. Lancet 1(8632): 242-4, 1989]. Qualche anno
dopo, con una molecola migliorata, il DOTA-TOC ed un nuovo radioisotopo
beta-emittente, il 90Ittrio, sarà sperimentata dallo stesso gruppo
di Rotterdam anche la terapia di questi tumori. Il resto è storia dei giorni
nostri. |
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